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SICILIA – La Crisi del settore radiotelevisivo locale, tremano Antenna Sicilia e Telecolor

SICILIA – La Crisi del settore radiotelevisivo locale, tremano Antenna Sicilia e Telecolor
Luglio 25
09:00 2015

Chi in questi giorni ha avuto modo di fare zapping sul televisore avrà notato che le emittenti TV catanesi Antenna Sicilia e Telecolor non producono più. Al posto dei notiziari un orologio scandisce il passare dei secondi, mentre il palinsesto si popola esclusivamente di pubblicità e spazi promozionali di nessun interesse per il telespettatore.

Che qualcosa non andasse era chiaro già ai primi di luglio, quando la dirigenza aveva posto in mobilità, anticamera del licenziamento, 16 dipendenti su 23. La causa? Il gruppo ha perso quattro milioni di ricavi negli ultimi cinque anni, colpa dell’azzeramento dei contributi regionali ma anche della crisi economica che incide sui ricavi delle attività commerciali che riducono il budget pubblicitario e quindi gli introiti per le emittenti televisive.

A metà luglio è Salvo La Rosa, giornalista dell’emittente sin dal 1981 ma soprattutto storico conduttore della trasmissione “Insieme” dal 1994, a dire addio ad Antenna Sicilia attraverso una accorata lettera indirizzata a colleghi e telespettatori. Lui che in quell’emittente ha speso trentacinque anni della sua vita, e alla quale deve certamente gran parte della sua notorietà, è costretto ad allontanarsene in considerazione della “situazione creatasi in Azienda e soprattutto dopo una stagione per me così difficile e tormentata”, così ha scritto nella sua lettera.

Eppure Antenna Sicilia, assieme a Telecolor e Video3, ha rappresentato la storia dell’emittenza televisiva siciliana risultando per anni l’emittente regionale più seguita. Record di ascolti per programmi come Insieme e per le dirette della Festa di Sant’Agata, ma soprattutto per i notiziari, autorevole fonte d’informazione regionale.

Fare buona televisione oggi non è facile e soprattutto in un territorio disgraziato come il nostro. Non siamo certo in aree economicamente floride, quindi la raccolta pubblicitaria non riesce a coprire gli alti costi delle infrastrutture e del personale. Qui non siamo a Roma o Milano dove con un ripetitore riesci a servire due milioni e mezzo di telespettatori; qui, a causa delle caratteristiche orogenetiche del territorio, per raggiungere gli stessi telespettatori servono diverse decine di ponti radio con costi di installazione e gestione esorbitanti.

E’ vero che l’introduzione del digitale terrestre ha consentito economie e la possibilità di condividere i ponti radio, ma ha anche creato un sovraffollamento dell’offerta TV, spesso di scarsissima qualità, che ha soffocato e sommerso la piccola emittenza regionale. In realtà la morte del sistema radiotelevisivo locale ha cause multiple: economiche, tecnologiche, legate alla globalizzazione ma soprattutto alla nascita e alla diffusione di Internet e del Web.

Che la rete abbia ormai monopolizzato la nostra vita è pacifico: il computer, il tablet, il telefonino e persino la stessa televisione non hanno senso di esistere se privi di una connessione a internet. Quindi, tra un’occhiata ai social, una al negozio ed una al giornale online, ci siamo scordati dei programmi televisivi. Le emittenti nazionali, compresi i canali a pagamento e satellitari, hanno così perso quasi mezzo milione di telespettatori, passati dai 26.031.000 del 2012 ai 25.581.000 del 2014 (dati AUDITEL, Fascia 20:30-22:30).

E’ indubbio che l’evoluzione dei mezzi di informazione porterà prima o poi alla morte della televisione così come è nata e come la conosciamo: una cosa analoga è già successa ai dinosauri.
Molti editori lo hanno già capito e ormai da tempo hanno affiancato al canale televisivo un omonimo sito web sul quale vengono clonati i contenuti prodotti per la televisione. Tra qualche anno avverrà l’inverso, con le TV che cloneranno i contenuti del web fino alla totale estinzione della specie. Probabilmente l’evoluzione va in questa direzione e tra poco non ci saranno più antenne sui tetti, soprattutto se si diffonderà la fibra ottica. Potremo vedere i nostri programmi preferiti quando e dove vorremo, scegliere fonti multiple di informazione e vedere un film scegliendolo da milioni di titoli disponibili, ma non avremo più la televisione di un tempo fatta di personaggi, scandita da fasce orarie ed interruzioni pubblicitarie.

Non sappiamo se tutto questo è esattamente un bene per la pluralità delle informazioni e per la diffusione della cultura regionale e locale. Il licenziamento del personale e la probabile prossima chiusura delle emittenti del gruppo Ciancio, Antenna Sicilia e Telecolor, non depongono affatto bene. Ci chiediamo, piuttosto, se non fosse il caso di salvaguardare, attraverso un intervento delle istituzioni, queste realtà che senza un supporto diventeranno presto preda dei grossi editori nazionali ed internazionali, spazzando in un colpo solo trentasei anni di storia dell’emittenza televisiva regionale.

Certo è necessario un piano industriale credibile e condiviso, cosa che al momento sembra non esistere, ma confidiamo nel buon senso e nelle capacità delle parti coinvolte in questa vicenda perché si giunga presto ad una soluzione che freni la corsa verso il burrone e riporti Antenna Sicilia e Telecolor tra le eccellenze dell’emittenza televisiva siciliana.

Tinuccio Cacciolo Molica

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.