SANT’AGATA MILITELLO – Ritiro di Quaresima delle famiglie della diocesi di Patti
“Nella vita si può peccare di troppa giustizia ma non di troppa misericordia”. Le parole del vescovo monsignor Guglielmo Giombanco durante la sua meditazione sulla parabola dei “due figli”, comunemente intesa come la parabola del “figliol prodigo”, sintetizzano il ritiro di Quaresima delle famiglie della diocesi di Patti, tenutosi nell’Istituto Zito di Sant’Agata Militello, organizzato dall’Equipe di Pastorale Familiare.
“Incontrare le famiglie e pregare insieme”, questo l’obiettivo principale, come rimarcato, nel loro saluto iniziale, dai coniugi Patrizia e Angelo Morabito, direttori dell’Ufficio di Pastorale Familiare della diocesi pattese.
Un incontro all’inizio della Quaresima “tempo – ha evidenziato monsignor Giombanco – per sperimentare la gioia del perdono, che riempie il cuore, dona serenità e pace e ci fa percepire che dinanzi a Dio siamo sempre figli a cui il Padre vuole bene”. Di fatto, l’esperienza del “figlio minore” della parabola, “che – ha proseguito il vescovo – ci fa capire come le relazioni in famiglia possano essere travagliate e feconde; anzi, diventano feconde proprio perché travagliate. A volte è necessario sbagliare nella vita e bisogna discernere attentamente gli errori per capire il senso profondo della nostra esistenza. Il figlio, rendendosi conto del suo errore, sente di aver perso la propria identità, ma per il padre resta sempre figlio, amato come membro di una famiglia”. “Il figlio maggiore – ha rimarcato monsignor Giombanco – non riconosce se stesso come figlio e il al prodigo la parità di fratello; non riconosce nemmeno il padre. Pretendere di essere superiori agli altri annulla la fraternità. Chi vive una vita per certi aspetti lineare, standardizzata, se vede che lo stesso amore è dato a chi in quel momento è in difficoltà, fa prevalere l’egoismo. Diventa indispensabile il passaggio da una vita trascinata, mediocre, ad una vita piena”.
Attualizzando la parabola, il vescovo ha sottolineato che “bisogna stare attenti ai giudizi, agli schemi rigidi nelle relazioni, all’incapacità di guardare con il cuore. Le relazioni, infatti, si nutrono di amore e di libertà ; Dio non guarda perché cadiamo, ma perché non ci rialziamo per riprendere il cammino, perché l’amore vero scorge in lontananza, corre incontro, abbraccia. L’amore che accoglie, che perdona, non ha bisogno di parole”.
In conclusione, monsignor Giombanco ha affermato che “gli episodi, come quelli della parabola, che si ripetono ai nostri giorni, ci aiutano a capire che le ferite dell’umanità di una persona, se si aprono all’amore, diventano spazi dove entra la luce che indica un nuovo cammino”. Da qui l’esortazione: “In un mondo che si sta disumanizzando, a partire spesso dalla famiglia, il nostro compito è tenere accesa la luce dell’amore”.
Un momento molto fruttuoso è stato costituito dai gruppi di lavoro per vicariato, nei quali le famiglie si sono confrontate sui temi della parabola ; tutti hanno espresso il desiderio di camminare insieme, anche per “rispondere” alle esigenze più svariate delle famiglie della diocesi “che – sottolineano i componenti dell’Equipe di Pastorale Familiare – hanno sete di Dio e di vita vissuta in fraternità”. Tutto questo nell’ottica dell’”essere” prima ancora che del “fare”.
Monsignor Giombanco ha, quindi, presieduto la celebrazione della messa, consegnando, alla fine, a tutte le famiglie presenti, un piccolo sussidio, realizzato dall’Equipe di Pastorale Familiare, per pregare insieme, durante la Quaresima, in famiglia. Il vescovo ha dato appuntamento al 7 luglio per una giornata dedicata alle famiglie da vivere insieme nel ristrutturato seminario estivo di Castell’Umberto.
Nicola Arrigo
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