SAN PIERO PATTI – Assolta in appello vedova ottantunenne, era imputata di detenzione illegale d’arma da fuoco
La corte d’appello di Messina ha assolto M. S., vedova di 81 anni, di San Piero Patti, “perché il fatto non costituisce reato”; era imputata di detenzione illegale d’arma da fuoco. I giudici hanno accolto la tesi dei difensori della donna, gli avvocati, Franco Barbera e Antonino Fiore, assolvendola da ogni accusa e ribaltando la sentenza di condanna a 6 mesi di reclusione emessa in precedenza dal Tribunale di Patti.
La curiosa vicenda risale al 2011 quando la donna, rimasta vedova da qualche anno, trova in casa un fucile “Berardinelli” a pallettoni a due canne sovrapposte, appartenuto al defunto marito, appassionato cacciatore. La donna, convinta che l’arma fosse regolarmente detenuta, chiamò i carabinieri di San Piero Patti, per farla rottamare.
Quando però i militari, accorsi presso l’abitazione della donna, presero in consegna l’arma, si accorsero subito, visionando il numero di matricola del fucile, che non corrispondeva con quello appartenuto al marito in vita. La vedova, che non fu ovviamente in grado di spiegare il possesso di un fucile diverso da quello risultante a nome del marito, si ritrovò così denunciata per detenzione illegale d’arma da fuoco, un reato per il quale la legge prevede sino a cinque anni di reclusione.
Al processo di primo grado, celebratosi dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Patti, i difensori riuscirono a portare le prove che hanno fatto luce sul misterioso ritrovamento del fucile non denunciato. Si scoprì così che, durante una delle ultime uscite a caccia, il defunto marito aveva inavvertitamente “scambiato” il fucile – di modello identico all’altro – con il compagno di caccia, senza che nessuno per anni si accorgesse dell’errore.
Il Tribunale però, condannò comunque la donna a 6 mesi di carcere, rilevando che, in ogni caso, la vedova aveva atteso quasi 4 anni dalla morte del marito, prima di denunciare il possesso del fucile, detenendolo quindi illegalmente. Gli avvocati Barbera e Fiore però hanno proposto ricorso in appello, proponendo una tesi rivelatasi alla fine vincente: secondo i difensori, infatti, anche se la donna aveva tenuto l’arma in casa per 4 anni senza denunziarla, non vi era stata da parte sua la volontà di occultarla alle forze dell’ordine. Una tesi che ha convinto la Corte, che ha mandato assolta la vedova con formula piena, ponendo fine ad un incubo.
Sara Gaglio