PATTI – Tindari. Si è tenuta l’Assemblea Ecclesiale della diocesi, presieduta dal vescovo mons. Giombanco
Nella Basilica Santuario di Tindari si è tenuta l’Assemblea Ecclesiale della diocesi di Patti, presieduta dal vescovo monsignor Guglielmo Giombanco. Un’esperienza di forte comunione (“che vorrei tanto – ha sottolineato alla fine il vescovo – fosse sempre così”), proprio alla vigilia dell’inizio del Sinodo che nelle varie parrocchie (monsignor Giombanco presiederà la celebrazione in Cattedrale, Domenica 17 ottobre alle ore 18.00) sarà aperto domenica prossima.
“Lo stile sinodale – ha detto il vescovo introducendo l’assemblea – significa camminare insieme, nel confronto e nel dialogo rispettoso”. L’icona biblica scelta è stata quella dei discepoli di Emmaus “perché tutti – ha aggiunto monsignor Giombanco – dobbiamo imitare lo stile di Cristo che si pone accanto all’uomo in cammino”.
La professoressa Ina Siviglia, docente di Antropologia Teologica nella Facoltà Teologica di Sicilia, ha, quindi, dettato la riflessione su “Annunciare il Vangelo con stile sinodale”, partendo dalla considerazione che “è il momento di contagiarci non il virus ma per la passione per il Vangelo.
C’è un bisogno enorme di ascoltare per progettare insieme, coinvolgendo tutto il popolo di Dio”. “Il Sinodo – ha proseguito – non è un semplice evento; è il punto di arrivo di un cammino faticoso ma bello perché fatto insieme. La pandemia e gli scandali stanno purificando il cuore dei fedeli: fanno male ma producono il bene. Il Sinodo ci pone in una condizione di accoglienza, con una lettura profonda della realtà, per trovare un linguaggio più adatto, luoghi più adatti alla dialettica”.
“Il desiderio di servire gli uomini contemporanei – ha aggiunto Ina Siviglia – ci obbliga a vivere con loro la stagione del cambiamento, a capire gli eventi dal di dentro. Se è il caso, sarà necessario rallentare il passo, fermarsi. Occorre riattivare l’arte del discernimento, personale e comunitario, avendo come esempio la Chiesa delle origini, in cui l’unanimità era segno dell’azione dello Spirito Santo. Deve ispirarci un modello di Chiesa comunionale, senza inferiore e superiori, una Chiesa della Trinità, di cui possiamo essere partecipi assumendo quell’amore agapico che trasforma la vita. Dobbiamo imparare non a pronunciare la parola comunione, ma a viverla”.
Facendo riferimento alla necessità di far scaturire dalla fede la speranza, la professoressa Siviglia ha rimarcato che “ai giovani soprattutto non possiamo togliere il futuro, i poveri dei poveri sono i giovani che si sentono vecchi e che dobbiamo aiutare a rialzarsi, a scoprire che Cristo Risorto non è una favola. La comunità deve avere un volto allegro, gioioso, inclusivo. Come Chiesa abbiamo la responsabilità di creare un nuovo umanesimo; noi siamo i protagonisti della storia e dobbiamo creare una famiglia in cui ciascuno è persona da aiutare a crescere secondo la sua dignità”. Quindi, ha esplicitato lo stile: “Gentilezza, gratuità, inclusione, capacità di condividere renderanno la comunità più aggregante e simpatica, che permetterà di vincere anche l’individualismo della fede”.
“Se ci si apre ai bisogni degli altri – ha concluso – il desiderio di santità ci spinge a fare un percorso di perdono reciproco. Per questo occorre acquisire il volto di Gesù e rifletterlo, perché altrimenti la Chiesa è solo una società. Ci viene chiesto un…salto nella fede, nella passione per il Vangelo. Il nuovo umanesimo deve avere il segno di una verità amorevole; non la mediocrità, l’indifferenza, il culto della perfezione, ma affidarsi al Signore con la voglia di servire i fratelli, ricevendo e dando amore nel segno della pienezza divina”.
Durante la seguente Liturgia della Parola, il vescovo ha consegnato ai rappresentanti delle comunità parrocchiali, ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano, alle comunità religiose, ai gruppi, movimenti ed associazioni presenti e operanti in Diocesi la Lettera Pastorale dal titolo: “Annunciare il Vangelo con il cuore che arde”.
Nicola Arrigo
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