PATTI – Sì salvò dopo violento impatto in mare nella 2ª guerra mondiale. Il grazie ai f.lli Accetta 76 anni dopo.
Vedersi recapitare una lettera ed un video dall’Inghilterra, dopo 76 anni, per un semplice “grazie”. E’ stata l’esperienza di Pietro Accetta, di Marina di Patti, che ha ricevuto un messaggio audio ed una missiva, adeguatamente tradotta, da Owen Cox, di un paesino dell’Inghilterra, Honiton, con cui fa una circostanziata ricostruzione di un evento accaduto nel corso della seconda guerra mondiale, l’1 o il 2 ottobre 1943.
Perché il signor Accetta è stato destinatario di tale attestato di gratitudine ? Perché, oltre all’inglese Cox, uno dei protagonisti della vicenda è stato suo padre Antonino. ”Fu una notte terribile – esordisce Cox -. Mi trovavo sull’aereo quel giorno soltanto perché un membro regolare dell’equipaggio non stava bene e lo sostituii. Eravamo in missione a Capua, sulla terraferma. Il pilota salì di quota a causa del maltempo per vedere meglio le alte scogliere, colline o montagne che si profilavano davanti a lui, ma questo causò l’esaurimento del carburante. Così egli decise di ammarare l’aereo con la massima cautela possibile”.
“L’impatto dell’aereo con il mare, però, – prosegue Cox – fu davvero violento. Ricordo il colpo molto forte sulla parte posteriore della mia testa e nient’altro. Probabilmente l’aereo si si ruppe al momento dell’impatto con le grandi onde. Gli altri tre membri dell’equipaggio morirono, io, che avevo slacciato la cintura di sicurezza perché era scomoda, fui gettato in mare. Non c’era alcuna possibilità di salvarmi da solo; ancora incosciente e con ferite multiple, sarei annegato. La prima cosa che ricordo dopo l’impatto sono le voci dei pescatori siciliani che vennero in mio soccorso. Antonino e Vincenzo Accetta, come so adesso. Ero salvo”.
“Ricordo – aggiunge Cox – che fui portato all’ospedale di Patti per un trattamento urgente e forse i medici, viste le gravi ferite, non si aspettavano che potessi sopravvivere. Invece ce l’ho fatta e dopo un po’ fui trasferito all’Ospedale Generale dell’Esercito. Riacquistate le forze, sono stato trasportato in Inghilterra su un altro aereo, nonostante la mia grande paura di volare di nuovo”.
Owen Cox racconta, quindi, del suo matrimonio nel 1948 e della ripresa del lavoro. “Eppure – confida – c’era sempre qualcosa che non mi lasciava tranquillo, non aver avuto l’opportunità di incontrare i miei soccorritori in Sicilia e di ringraziarli. Negli anni ’80 io e mia moglie Nan siamo andati in vacanza in Sicilia e abbiamo fatto il possibile per cercare di scoprire chi fosse venuto in mio aiuto. Mi era stato detto che l’aereo era caduto nel mare al largo di Capo Milazzo, perciò siamo andati a cercare qualche informazione. Ma lì c’era un campo militare e non abbiamo saputo altro. Così, delusi, abbiamo pensato che non avrei mai potuto esprimere la mia gratitudine a nessuno in Sicilia”.
“Invece, dopo tutti questi anni, – conclude Cox – è stato possibile grazie alla bella opera di Padre Jose Romero in Inghilterra e di don Franco Pisciotta a Patti, che mi hanno dato l’aiuto di cui avevo bisogno. Mi fù grande gioia sapere che finalmente ho espresso a voi, Pietro , Giovanni, Antonino e fratelli la mia gratitudine ai vostri padri, i fratelli Accetta, Antonino e Vincenzo, che, grazie alla loro azione, mi hanno permesso non solo di sopravvivere ma di godere di questa lunga vita – ho 97 anni – fino ad oggi”.
“Ancora una volta – conclude Owen Cox – ripeto le mie parole di ringraziamento alla vostra famiglia: grazie mille”.
Un’ulteriore, splendida conferma che il bene, dato e ricevuto, azzera le distanze !
Nicola Arrigo
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