PATTI – Ospedale “Barone Romeo”… “Amara a cu iavi bisognu”

Che l’ospedale “Barone Romeo” di Patti sia nel “mirino” di chi lo vorrebbe declassare, nonostante sia un presidio fondamentale di un vasto territorio, è risaputo.
Vorremmo incentrare l’attenzione sul Pronto Soccorso, dove, troppo spesso, bisogna fare i conti con l’esiguità del numero dei medici, inferiore a quello previsto dalla pianta organica (12), pur dovendo affrontare continuamente le più svariate emergenze. Un problema che si è palesato ancor più pressante durante l’estate, quando gli accessi si sono moltiplicati, a tal punto che il direttore sanitario, dottore Giovanni Merlo, ha chiesto a medici di altri reparti di “aiutare” i colleghi del Pronto Soccorso, non ottenendo, comunque, per i più svariati motivi, grossissimi riscontri.
Soprattutto in agosto si è registrato il picco dell’emergenza, ma la stessa perdura in tutta la sua gravità, anche perché sono pochi coloro che accettano di lavorare al Pronto Soccorso (i giovani medici non “ne vogliono sapere”), come confermato dalla mancata partecipazione ai bandi per neolaureati (alcuni, in ogni caso, non sono stati ancora neanche emanati).
Così i tempi di attesa si allungano, i pazienti aspettano ore ed ore prima di poter essere visitati, perché magari, nel frattempo, bisogna far fronte ad un “codice rosso”. Tutto questo mentre i parenti attendono all’esterno, ansiosi di sapere notizie, e ciò, spesso, tracima in scatti di nervosismo ed ira, peraltro giustificabili, e non mancano le situazioni in cui si vada oltre le righe.
Pensionamenti, malattia, richieste di trasferimento, hanno ridotto all’osso il personale medico del Pronto Soccorso, i cui medici, tra l’altro, sono “costretti”, spesso, a trasferire i malati (ad esempio i traumatizzati, visto che non c’è più il reparto di ortopedia) in altri nosocomi. Quindi, un altro “lavoro” in più, perché non è garantito che il medico “trovi” subito il posto e deve rappresentare quale sia il “bisogno” del paziente. Ciò, pertanto, allunga considerevolmente i tempi, a scapito, ovvio, di chi è in attesa.
C’è chi, addirittura, sostiene che lavorare al Pronto Soccorso significhi avere sempre un “avvocato a portata di mano” perché le denunce e gli avvisi di garanzia sono quasi all’ordine del giorno. Eppure, in occasione dell’emergenza causata dal covid-19, il personale è stato “trovato”. Come mai ? Perché c’è stata tanta adesione ? Noi la risposta ce l’avremmo, ma la lasciamo allo spirito critico dei nostri lettori.
“Con il comitato Aretè – sottolinea la presidente, Carmelina Lipari, – cerchiamo in tutti i modi di richiamare l’attenzione sull’ospedale, al fine di difenderlo ad ogni costo. Ogni giorno che passa la situazione si fa sempre più insostenibile e si presentano grosse difficoltà per medici e personale e, soprattutto, per i pazienti. Chiediamo, per l’ennesima volta, a chi di competenza, di attenzionare la questione del “Barone Romeo”, in primis, vista la contingente, costante emergenza, quella relativa al Pronto Soccorso. Al contempo invitiamo i cittadini, non solo pattesi ma di tutto l’hinterland, ad essere più partecipi nella difesa di un presidio così importante: salvarlo deve essere un impegno di tutti”.
Sembra si stia scrivendo, quindi, un’ulteriore pagina del processo di depauperamento e depotenziamento del “Barone Romeo”. Noi non vogliamo entrare nel merito dei “giochi politici” , ma un dato è indubitabile: la sanità è al collasso, è stata fortemente penalizzata da decisioni senza senso, il numero chiuso per accedere al corso di laurea in Medicina ha fatto indubbiamente la sua parte.
Adesso ci avviciniamo alle elezioni, sia regionali che nazionali, e magari ci sarà chi “tirerà fuori” la questione del “Barone Romeo” quale cavallo di battaglia, per poi dimenticarsene una volta centrato l’obiettivo.
A pagare, ovviamente, le conseguenze di tale scempio sono, oltre i medici, costretti spesso a turni massacranti, i pazienti, sempre più ridotti a “numeri” e non persone che necessitano di aiuto. Non si può negare: c’è un forte scollamento fra ospedale, territorio e medici di base, spesso accusati di “inviare i pazienti al pronto soccorso, anche quando non è necessario, per togliersi di dosso ogni responsabilità”.
Di questo passo, il Pronto Soccorso potrebbe rischiare, addirittura, la chiusura. A quel punto “piangere” sarebbe ancora più grave dell’indifferenza di chi, stabilmente, si trincera dietro il politichese e l’aridità dei numeri, invece di cercare soluzioni concrete e definitive, sempre e solo a favore dei cittadini. Come direbbero gli antichi “Amara a cu iavi bisognu” !
Nicola Arrigo
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