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PATTI – Operazione “Piramide”. Fatti che non possono più lasciarci indifferenti.

PATTI – Operazione “Piramide”. Fatti che non possono più lasciarci indifferenti.
Dicembre 11
10:04 2019

Non so quale reazione abbia suscitato in voi la notizia, che sicuramente ha riempito la “giornata pattese” e dell’hinterland, dell’operazione “Piramide”, che ha portato all’arresto di sei persone e a provvedimenti per altre quattro.

In questo momento “parlo”, anzi scrivo, da genitore, da insegnante, da catechista, come persona che si sforza, con tutti i propri limiti, di essere educatore, con l’esempio prima ancora che con le semplici parole.

In questa “veste” mi sento ancora sgomento, sbigottito, preoccupato, perché no, arrabbiato. Svegliarsi e ricevere il comunicato dei Carabinieri che informa della suddetta operazione è stato un autentico “colpo al cuore”, perché una notizia del genere (e, purtroppo, non è la prima volta) non può lasciare indifferenti, anche perché si sta sensibilmente “alzando il tiro”, con un’organizzazione ben…attrezzata, di stile imprenditoriale, che punta “forte”: non più la semplice erba, ma “cose” più pesanti, in primis la cocaina.

Un’organizzazione che non “guarda” niente e nessuno e che avvinghia nella propria rete di morte minori, anche delle scuole dell’obbligo – compresa l’elementare – e ciò fa crescere ancora di più lo sgomento e la rabbia.

Mi hanno fatto molto riflettere le parole del Procuratore della Repubblica del Tribunale di Patti Angelo Cavallo: “Spacciatori giovanissimi che rivolgono le loro attenzioni a soggetti coetanei o ancora più piccoli. Quindi, una situazione allarmante”.

Ciò, a mio avviso, giustifica il disorientamento, ma, al contempo, dovrebbe dare a tutti la spinta per fare fronte comune ed evitare che la “cultura della morte” possa prendere il sopravvento. Ciò fa crescere la rabbia perché c’è chi “gioca” con la vita degli altri, compresi i più piccoli, promettendo loro, col solo scopo del disonesto guadagno, chissà quale “paradiso artificiale”.

Fa crescere la rabbia sapere che si organizzino festini a base di alcool e droga, quando potresti divertirti in mille altri modi “puliti”, senza l’assoluta necessità di dovere a tutti i costi sballare, “distruggerti”, spappolarti il fegato, alterarti il cuore, bruciarti il cervello, in spregio al dono supremo della vita.

Torna, allora, pressante la consueta domanda, che, nell’ultimo periodo, a Patti, per tristi episodi vari, su tutti il suicidio del sedicenne Micael Bruno (il comandante la Compagnia Carabinieri di Patti, capitano Marcello Pezzi, ha evidenziato che “nel corso dell’attività di intercettazione ci siamo resi conto che due di questi soggetti indagati commentavano il suicidio e si rinfacciavano la responsabilità l’un con l’altro di avergli ceduto una dose di cocaina”).

Nel maggio scorso, ci siamo frequentemente posti: dov’è la famiglia ? Non vogliamo intentare processi né ergerci a moralisti di maniera, ma, oggi più che mai, a mio avviso, la famiglia deve recuperare il proprio ruolo educativo, abbandonando la delega a cui spesso ricorre. Nessuno può sostituirsi alla famiglia, nessuno può dare a chi cresce il calore, l’affetto, l’ascolto, il dialogo propri di una famiglia, aspetti che, purtroppo, anche nella nostra Patti, si vanno diradando sempre più e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Dove sono le famiglie di chi intesse la rete di morte ? Dove sono le famiglie di chi ricorre all’uso di “sostanze” varie ? E’ troppo facile scaricare sulla società ogni responsabilità. E’ molto più complicato, spesso compromettente, porsi la domanda se si cerca di essere davvero padri e madri “all’altezza della situazione”.

A tal proposito, sono ancora una volta emblematiche le parole del procuratore Cavallo: “E’ fondamentale la collaborazione dei genitori, che sono poi i primi che possono accorgersi di qualcosa che non va, ancora prima delle forze dell’ordine, ovviamente”. 

Ecco, a mio modestissimo avviso, la chiave di volta: tornare ad essere famiglia in cui tutto è condivisione, anche i fallimenti, le delusioni, le incomprensioni. Non servirà a nulla “piangere” dopo che si verifica la tragedia, non servirà a nulla ripetere “Io lo sapevo”. 

Tutte le agenzie educative – famiglia, scuola, chiesa, associazioni varie – devono serrare le fila, lavorare in sinergia, non abbassare mai la guardia, per la salvaguardia dei nostri figli e per vincere la “cultura della morte” con la “cultura della vita”. E “chi sa” deve avere il coraggio di denunciare, senza omertà, perché anche – e soprattutto – da questo può dipendere il futuro di una persona. 

“Prendi in mano la tua vita e fanne un capolavoro” diceva San Giovanni Paolo II° rivolgendosi ai giovani. Sì, è tempo di convincersi di questo, perché siamo stati creati per “gustare” e riempire di senso la vita. Tutti – nessuno escluso – da chi spaccia a chi acquista ! 

Nicola Arrigo

 
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