PATTI – Giulio Francese, ha ricordato, agli alunni dell’I.C. Lombardo Radice, il papà Mario, giornalista assassinato dalla mafia.
“Non volevo credere che sotto quel lenzuolo ci potesse essere mio padre”. Così Giulio Francese ha ricordato, incontrando nella palestra del plesso “Bellini” gli alunni delle quinte classi della Scuola Primaria e tutte le classi della Scuola Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo “Lombardo Radice”, diretto dalla dottoressa Antonina Milici, la pagina più triste e lacerante della sua vita facendo riferimento all’uccisione del papà, Mario, cronista del Giornale di Sicilia, assassinato dalla mafia – nella fattispecie da Leoluca Bagarella – il 26 gennaio 1979 a 54 anni. Con la propria attività, Mario Francese era “entrato” nel mondo della mafia e con le su inchieste era arrivato a parecchie “verità scomode” per cui i corleonesi ne hanno deciso la morte.
Tutto questo in un periodo in cui c’era chi, addirittura, negava che la mafia esistesse. Un’esperienza resa ancor più triste dal fatto che ci son voluti ben 22 anni prima che si arrivasse ad una sentenza di condanna degli esecutori e soprattutto perché, di fatto, è costata la vita ad un altro figlio di Mario Francese, Giuseppe, morto suicida il 3 settembre 2002, a 36 anni. “Mio fratello – ha sottolineato Giulio Francese – ha avuto la tenacia di non mollare nella ricerca della verità; ha studiato il carteggio di papà ed ha aperto una strada che ha poi consentito alla giustizia di emettere la sentenza di condanna. Purtroppo, però, alla lunga, non ha resistito alla perdita del papà a soli 12 anni, di essere stato costretto a crescere con questa assenza, di aver sentito, spesso, attorno alla vicenda tanta indifferenza e si è tolto la vita”.
Tragedia su tragedia, quindi, per Giulio che, comunque, con parole chiare, ha fatto un excursus della escalation della mafia “che ha inzuppato di sangue la Sicilia”; ha evidenziato come essa non risparmi alcuno, compresi donne e bambini; ha rimarcato come spesso tante persone abbiano dovuto pagare non solo la soppressione fisica ma anche il silenzio.
“La mafia – ha affermato ancora – continua ad operare, sottotraccia; qualcuno magari pensa che la mafia non ci sia più visto che non uccide, ma è un grosso errore ritenere questo”. E ha citato il “grosso giro” di denaro che la mafia si procura con la droga “e le vittime sono soprattutto i giovani che diventano i finanziatori di tale mercato”.
Infine, ha messo in guardia che “il problema non è la mafia ma la mentalità mafiosa che è ancora parecchio diffusa e che può coinvolgere tutti”. Per questo ha esortato i ragazzi – considerato anche che, il più delle volte, per tanti ”Sicilia” significa dire mafia – a fare la propria parte per essere davvero protagonisti di un domani migliore, citando la frase del beato don Pino Puglisi, anche lui vittima della mafia: “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”.
L’iniziativa dell’istituto “Lombardo Radice” rientra nel progetto “Legalità”, di cui è referente il professore Sandro Musarra, che, coadiuvato dagli altri docenti, ha curato la fase preparatorio dell’incontro con Giulio Francese. Un primo momento era già stato vissuto il 21 marzo, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, quando, nel cortile dei propri plessi, gli alunni delle quinte della Scuola Primaria e quelli delle classi della Secondaria di Primo Grado, avevano letto i nomi di quanti, nella zona tirrenico-nebroidea, sono stati uccisi dalla “piovra”.
“Con iniziative come queste – evidenzia la dirigente Antonina Milici – intendiamo sensibilizzare sempre più le giovani generazioni ai veri valori e stimolare il loro impegno nella quotidianità, attraverso azioni che favoriscano le relazioni. L’azione educativa, infatti, incide profondamente sulla diffusione della cultura della legalità e, quindi, sul contrasto alla criminalità organizzata”.
Nicola Arrigo
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