PATTI – Fine del lockdown. La ”ripresa”
Aspettavamo tanto la “ripresa” ed eccola arrivata ! Fra dubbi, incertezze, paure che facciamo fatica a eliminare, preoccupazioni per il futuro, anche nella nostra “piccola” Patti stiamo provando a…ripartire.
Lentamente, ma si vede che qualcosa, nel ritmo quotidiano, è cambiata ! certo non mancano e non mancheranno le difficoltà; è sensibilmente cresciuto il numero delle famiglie in situazione di disagio, sono parecchie le attività commerciali che non “vedono” rosee prospettive, nessuno ha in mano la sfera di cristallo per prevedere se potrà esserci una stagione estiva nel senso turistico-economico del termine.
Ma bisogna andare avanti, dopo oltre due mesi in cui i “numeri” (dei contagiati, dei morti, dei guariti, dei tamponi eseguiti, del Mes, dei recovery found) l’hanno fatta da padrone, in cui immagini spesso scioccanti ci hanno lasciato senza fiato e senza parole, in cui, magari, abbiamo riscoperto la famiglia nel senso pieno del termine, in cui la Dad (didattica a distanza) ha impegnato (e continua ad impegnare) i nostri figli.
Mesi in cui il termine “lockdown” è diventato quotidianità, in cui aspettavamo, quasi come gli Ebrei il Messia (perdonatemi il parallelo) che il Presidente del Consiglio tenesse una conferenza stampa per darci qualche “buona novella”, in cui anche l’abbreviazione Dpcm è diventata familiare.
Mesi in cui tante volte ci saremo chiesti se fossimo mai riusciti a tornare alla “normalità”, mesi in cui avremmo voluto soddisfare tanti desideri che, magari, proprio nella “normalità”, non avevamo mai provato, mesi in cui anche l’aspetto religioso ha subito un brusco stop, con la possibilità di “seguire” la messa solo in streaming (da ieri, com’è noto, è di nuovo possibile partecipare alla messa in chiesa, ovviamente nel rispetto delle regole pattuite nel protocollo fra lo Stato e la Cei).
Mesi in cui c’è stato chi ha dato sfogo alla propria fantasia e creatività, mesi in cui c’è stato chi si è affidato all’arte, alla musica, alla cultura e alla cucina (e tutto, il più delle volte, postato puntualmente sui social), mesi in cui tanti hanno continuato a lavorare (personale sanitario, impiegati dei supermercati, solo per citarne alcuni). Mesi in cui abbiamo assistito a continui “ping pong” sull’ospedale “Barone Romeo” di Patti, sul quale sembra essersi abbattuto l’ulteriore virus di un paventato ridimensionamento.
Mesi in cui l’autocertificazione è diventata, per chi usciva, irrinunciabile “compagna di viaggio”, così come mascherina e guanti. Mesi in cui abbiamo fatto l’esperienza di lunghe, snervanti file all’ingresso dei supermercati, tanto che se non fosse stata una necessità dettata dai tempi incerti ce ne saremmo tranquillamente tornati a casa, preferendo addirittura rimanere digiuni. E la lista potrebbe continuare, ma adesso non ha più senso guardare al passato, sebbene questo tempo segnerà per sempre la nostra esistenza.
Adesso occorre guardare avanti, imparando, chissà quante volte lo abbiamo sentito ripetere, a “convivere con il virus”. Fermo restando – e questa è un’acquisizione di consapevolezza fondamentale, per tutti, senza distinzione di sesso, età, ceto sociale – che convivere non significa “andare oltre”, perché se ciascuno di noi, anche in una piccola realtà quale la nostra pattese, riuscirà a fare la propria parte, avremo sicuramente grandissime possibilità di “vincere la guerra” al virus.
Non basta aver vinto una, due battaglie (con la conseguente “caduta” di tante restrizioni): occorre vincere la guerra ! E ognuno dovrà fare la propria parte a prescindere dai controlli; non possiamo essere come il bambino che, approfittando della distrazione dei grandi, “mette le mani nella nutella”.
Anche e soprattutto questo favorisce la normalità. Passeggiare, correre, fare sport, prendere il caffè al bar, ci sono mancati e stiamo già provando a…recuperare, ma, nel mio piccolo, senza alcuna pretesa direttoriale, lo ribadisco, è fondamentale osservare le norme, perché, in questi giorni di “fase 2” qualche assembramento, in giro, c’è stato.
Nessuno vuole fare il poliziotto o il controllore di turno, ma dobbiamo “aiutarci”, tutti, offrendo la nostra piena collaborazione fin dalle piccole cose (mascherina, distanziamento). Ciò ci darà la spinta decisiva a vincere anche una sorta di diffidenza che rischia di allontanarci dagli altri, temendo di poter essere contagiati, e ci aprirà definitivamente alla speranza.
Ora, più che mai, dobbiamo riscoprire il senso di comunità che vuole tornare a vivere la “normalità” insieme, affinchè il benessere di uno sia il benessere di tutti. Solo così il ritornello che ha caratterizzato i mesi che ci siamo lasciati alle spalle “Andrà tutto bene” non sarà più una proiezione verso il futuro ma diventerà presente.
Nicola Arrigo
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