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PATTI – Corpus Domini. Ha ancora un senso “fare” le processioni a Patti ?

PATTI – Corpus Domini. Ha ancora un senso “fare” le processioni a Patti ?
Giugno 03
18:03 2024

La processione del Corpus Domini di ieri sera induce ad una precisa domanda: ha ancora un senso “fare” le processioni a Patti ? Stando a quanti vi hanno partecipato ieri, la risposta potrebbe essere automatica, anche perché sembra essere diventata – esclusa, forse, la festa patronale di Santa Febronia – una routine.

Evidentemente, non se ne percepisce più l’importanza, probabilmente è svanito il senso della festa in sé e, soprattutto, il desiderio del sacro. Un tempo la festa era l’occasione per “uscire”, per incontrare gli altri, per esibire il vestito nuovo, per mangiare qualcosa di diverso” dalla quotidianità. Oggi abbiamo tutto a disposizione, impera la cultura del “tutto e subito”, per cui la festa ha perso il suo fascino e la sua attrazione. Ancora di più se si tratta di festa religiosa.

Anche la nostra Patti sembra ormai “presa” da un materialismo nemmeno tanto latente, dove si trova tempo per tutto tranne che per le “pratiche religiose” che, anzi, spesso, diventano un peso, quando vengono intese come “doveri” da osservare (preparazione ai sacramenti, ad esempio).

Ieri sera, lo scrivo da pattese prima ancora che da cristiano, è stato davvero deludente “vedere” Patti pressocchè deserta al passaggio del Santissimo Sacramento; sembrava quasi una “città fantasma”, come disturbata dal transito della processione, dalle preghiere, dai canti, dalle soste agli altarini.

Non solo pochi partecipanti, ma, addirittura, pochissime persone affacciate quantomeno ai balconi o alle finestre, pochissimi coloro che hanno espresso il senso della festa esponendo tovaglie e coperte.

Pochissimi – e questo è forse il dato che deve fare riflettere di più in merito a…dove stiamo andando – i bambini che hanno fatto la Prima Comunione. Arrivare in Piazza Marconi e “trovarvi” una ventina di persone –ad essere abbondanti – , alcune, peraltro, impegnate in altre faccende, è stato davvero deprimente.

Non che la fede vada misurata in base alla partecipazione alle processioni o ad alte espressioni di pietà popolare, ma indubbiamente il senso della festa è sempre più mortificato dalla moderna cultura del dominio dell’utile, del lavoro, dell’efficienza, del piacere; diventa sempre più complicata, spirando sempre più forti i venti dell’egoismo e dell’individualismo, l’esperienza dell’essere “popolo”, di ritrovarsi in un comune “sentire”.

E poi non sottovaluterei il valore della memoria: viviamo in un’epoca tutta proiettata sul futuro, che sembra aver perso la memoria del passato. La religiosità popolare, invece, vive di “memoria”, che si tramuta in forza e speranza.

Bisogna, allora, ripartire da zero, ripensare e rimodulare il modello educativo, un modello in cui non ci sia spazio solo per ciò che riempie la vita di “cose” ma anche e soprattutto di “senso”. Non sono belle parole o vuote considerazioni; è un impegno e una responsabilità di tutti !

Nicola Arrigo

 
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Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

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