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PATTI – A Tindari, mons. Giombanco ha presieduto la messa crismale, benedetti gli oli per amministrare i sacramenti.

PATTI – A Tindari, mons. Giombanco ha presieduto  la messa crismale, benedetti gli oli per amministrare i sacramenti.
Aprile 01
13:21 2021

Nella Basilica Santuario di Tindari, il vescovo monsignor Guglielmo Giombanco, presenti i sacerdoti della diocesi, i componenti del Consiglio Pastorale Diocesano, i rappresentanti degli Istituti Religiosi, un gruppo di cresimandi della parrocchie di Mongiove e di Sinagra ed altri fedeli laici, ha presieduto la messa crismale, durante la quale sono stati benedetti gli oli (crisma, catecumeni, infermi) che durante l’anno serviranno per amministrare i sacramenti.

Durante la celebrazione, i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali “che – ha sottolineato il vescovo nell’omelia – ci ricordano il grande dono ricevuto e ci richiamano l’entusiasmo e la sincera promessa fatta nel giorno dell’ordinazione”.

Monsignor Giombanco, prendendo spunto dall’anno dedicato, per volontà di Papa Francesco, a San Giuseppe, ha fatto risaltare che il santo patrono della Chiesa universale “richiama anche i tratti essenziali del presbitero: chiamato a servire direttamente la persona di Gesù; la paternità, servizio di amore; cooperatore della Redenzione per essere ministro di salvezza”.

“Noi apparteniamo al Signore – ha proseguito – perché Lui ci ha scelti e la chiamata che abbiamo accolto orienta la nostra vita e il nostro ministero direttamente al servizio di Cristo. Tale servizio ci rende veramente ministri di Dio e la parola ministro significa servo; siamo ministri del Signore perché servi, perché mettiamo la nostra vita a servizio del Figlio Gesù e dei fratelli, un servizio di donazione che inizia in un incontro personale con Gesù. In quell’incontro avvertiamo l’amore con cui Cristo ci ama personalmente; un avvenimento di grazia da cui nasce una vera e profonda adesione a Lui che coinvolge l’intera esistenza”.

“Colui che decide di seguire il Signore – ha insistito – non tergiversa nella scelta, non pone condizioni; un solo interesse abita il suo cuore: seguire Cristo vivendo l’obbedienza all’amore. La fecondità del nostro ministero, carissimi confratelli, sta nel rinnovare ogni giorno la memoria di quell’incontro che ha segnato e trasformato la nostra vita per comunicare ai fratelli e alle sorelle la gioia di aver incontrato il Signore, per dire a loro che è bello essere servi per amore come lo è stato Lui”.

Riguardo la paternità, Monsignor Giombanco ha evidenziato che “ Dio esercita la sua paternità instaurando nel mondo un regno di amore, di servizio, di donazione. Non dimentichiamo che il nostro ministero nasce da una scelta di amore che chiede quotidianamente una risposta di libertà. Solo chi è libero può aprirsi alle novità di Dio e sa scorgere in essa nuove possibilità per vivere il ministero con gesti carichi di amore e ricchi di umanità necessari per riflettere nella storia la paternità di Dio. Chi è padre non svolge una funzione, ma un compito: accompagnare i figli nella crescita senza possedere. Il vero padre non è colui che ha sa tutto ed ha il prontuario dell’esistenza, ma colui che ha fatto esperienze belle di vita e di fede, ha saputo trasformare le ferite in segni di una umanità fiorita dalla grazia e con gioia trasmette tutta la sua ricchezza interiore, rispettando sempre la libertà di chi è in cammino verso la maturità umana e cristiana. La paternità se è vero servizio di amore non si impone, ma si nutre di libertà e germoglia nella fede. Chi ama dimentica se stesso e si mette al servizio del prossimo”.

“Il mondo – ha aggiunto – ha bisogno di Cristo e il compito di noi presbiteri è proclamare la buona novella perché Lui ci ha chiesto di essere pastori del gregge e pescatori di uomini per annunciare la salvezza non solo a quelli che accogliamo in chiesa, che sono vicini ma anche a quelli che dobbiamo andare a cercare fuori con la consapevolezza che la parabola della pecora smarrita è vissuta alla rovescia, novantanove si sono allontanati ed una è rimasta nell’ovile. Questo è un compito impegnativo e difficile, abbiamo bisogno dell’aiuto dello Spirito e della collaborazione dei fratelli e delle sorelle laici formati e generosi per valorizzare la molteplicità di carismi, di energie, di talenti, presenti nella nostra Chiesa. Da soli noi presbiteri possiamo fare ben poca cosa, insieme e uniti ai fratelli e alle sorelle delle comunità che ci sono affidate, possiamo fare tanto. Solo così le nostre comunità diventano luoghi di comunione e insieme segno e strumento della vocazione di tutti i battezzati all’edificazione del Regno di Dio nella storia”. Infine, ha esortato, nell’anno dedicato alla “Famiglia Amoris Laetitia”, “a pregare per le famiglie della diocesi, perché possano crescere nell’amore e nella fede. Esorto le comunità a promuovere un rinnovato e creativo slancio per mettere la famiglia al centro della vita ecclesiale”.

Nicola Arrigo

 
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