OLIVERI – Quando la realtà esclude l’inclusione. Palla al centro.
Oggi tutti ci riempiamo la bocca della parola “inclusione”. La scuola deve essere inclusiva, la parrocchia deve essere inclusiva, lo sport deve favorire l’inclusione, e bla, bla, bla.
Fiumi di parole di circostanza, corsi di aggiornamento, conferenze, riviste specializzate che sviscerano in lungo e in largo la tematica. E poi ? Poi ti capita di imbatterti in una realtà che sembra andare nella direzione opposta, dove ancora si creano barriere e dove l’inclusione fa presto a diventare esclusione.
Tu sei così, tu sei colì, hai tale difetto, hai tal’altro difetto, ergo sei “diverso”, non sei come gli altri, non puoi “includerti” (mi perdoneranno i puristi della lingua italiana qualora tale termine non fosse appropriato e corretto).
Ci ha dato lo spunto per tale riflessione il post di un papà, residente ad Oliveri, che, con somma delusione e tanta, giustificata rabbia, denuncia un atteggiamento di esclusione nei confronti del figlio Mattia, affetto da sindrome di down.
Ovviamente, ci stiamo riferendo esclusivamente a tale post, per cui se qualcuno volesse fare delle precisazioni nessuna – tanto per restare in tema – preclusione.
Stiamo partendo da un dato reale: la denuncia, venata da profonda tristezza, di un papà, che, in un certo senso, riprende quanto già espresso nel cappelletto introduttivo, evidenziando che “il calcio, lo sport in genere dovrebbe essere divertimento, integrazione”. Rimarca ancora un altro concetto da me già sottolineato: “Tutti sui social ci autopropagandiamo, stiamo attenti alle problematiche dei disabili !!!Forse, però, ahimè, qualcosa non va!”.
Qui comincia il racconto: “Da 5 mesi Mattia va al campo di calcio; puntuale da sempre, il primo agli allenamenti. Papi, oggi non vado a scuola perchè debbo andare a giocare”. Evidentemente, però, le sue attese vengono sistematicamente deluse: “Non sapevo – denuncia il papà – che a Oliveri si giocasse per la Coppa del Mondo e, quindi, Mattia non potesse giocare neanche 5 minuti a fine partita”.
Il papà parla, senza mezzi termini, di presa in giro, scrivendo nel post che “lui (il figlio, ovviamente) stesso, paziente da mesi, oggi dopo l’ennesima presa in giro, dopo aver scaldato panchine da mesi sa che c’è chi gioca e chi deva stare in panchina, ma mai, mai una volta anche per soli 5 minuti!!!”
“Così – incalza il papà – ha mandato un messaggio circa 20 giorni fa al dirigente e all’allenatore, chiedendo di farlo giocare e qualcuno promette di farlo giocare la settimana successiva”.
Cosa che, evidentemente, non si è realizzata, se il papà “attacca” duramente: “Siete falsi come i soldi del Monopoli, pensate che Mattia sia stupido e non sapete che lui crede alle promesse. Mi vengono a dire non gioca perchè si può fare male! Ricordo che lui ha giocato sempre a pallone e sa che può farsi del male ma ci sta”. “quando sale in macchina – aggiunge il papà – vederlo triste cupo e nervoso ma sopratutto deluso, mi fa rabbia”. Il papà non esita a usare la parola “vergogna”, anticipando che non manderà più il figlio al campo di Oliveri “perchè non sopporto e non voglio che stia male per voi!” “Perché – conclude – vi assicuro che non aver mai potuto entrare in campo neanche 5 minuti per lui e’ una delusione come essere umano non perchè ha la sindrome di Down, ma perchè lui sarebbe contento anche solo con quei 5 minuti”.
Naturalmente, il duro sfogo ha suscitato un’ampia discussione e tante prese di posizione ad Oliveri.
La società interessata, il Club Sportivo Oliveri, ha affidato la propria risposta ad un post: “Tutta questa è speculazione, Mattia è dei nostri, non ha ancora giocato come Carlucci e Marchese ed altri, ma gli vogliamo un gran bene, il calcio è così. Abbiamo tolto i ragazzi dalle sale giochi, dai vizi dell’età e quasi quasi siamo dei criminali. Mattia fa parte del gruppo, non si è presentata l’opportunità di farlo giocare e non ha giocato, come tutti gli altri; i limiti normalmente li vede chi c’è li ha, noi non ne vediamo, le partite dettano il gioco e chi gioca lo sa. Oggi condannateci pure, la storia ci assolverà”.
Abbiamo avuto l’impressione che il nodo del contendere sia stato “aggirato”, perché riteniamo che se si vuole bene qualcuno non si aspetta “l’opportunità”e, soprattutto, non si afferma che “le partite dettano il gioco”, perché se fosse sempre così verrebbe, soprattutto a questa età, svilito il senso profondo del puro divertimento.
Poi, di fronte allo sfogo sacrosanto di un papà, che trae spunto da un dato certo e non inventato – Mattia non gioca mai – (confermato pure nella risposta), è fuori luogo usare la parola “speculazione”, sebbene la stessa, verosimilmente, fosse rivolta anche e soprattutto a chi aveva espresso giudizi piuttosto severi.
Anche il sindaco di Oliveri Francesco Iarrera è intervenuto sulla questione: “Di fronte a un argomento così delicato, è il momento di sorprendere tutti, con uno sforzo di comprensione, di ulteriore accoglienza. E con la moderazione. Di pensieri e di parole. E’ il momento di promuovere una sana riflessione, di costruire, usando ogni mattone a nostra disposizione per costruire un ambiente che sappia rinnovarsi e diventare ancora più pronto ad ascoltare il bisogno di aiuto di chi magari parla a bassa voce. Il primo passo lo farò io, invitando tutti i protagonisti della vicenda a sedersi attorno ad un tavolo e trovare il modo che da questo evento nasca qualcosa di buono”.
Il primo cittadino è stato di parola e ha convocato le parti, che si sono incontrate e si sono chiarite. Così Mattia è tornato regolarmente ad allenarsi e non ha nascosto la sua felicità. Nella speranza che adesso, finalmente, sia la volta buona !
Nicola Arrigo
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