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MESSINA – Le difficoltà delle Case di accoglienza per donne vittime di violenza

MESSINA – Le difficoltà delle Case di accoglienza per donne vittime di violenza
Aprile 30
16:56 2024

Le case di accoglienza per donne vittime di violenza rischiano la chiusura. E’ quanto emerge da una nota della cooperativa “Raggio di sole” che si…sente anch’essa “vittima”.

Non passano giorni – esordisce la nota – che i mezzi d’informazione locali e nazionali denuncino casi di maltrattamento subite da donne che spesso vedono coinvolti anche i loro figli minori. Situazioni familiari drammatiche nascoste che emergono tardivamente; mesi, spesso anni, vissuti in situazioni di sofferenza psicologica e violenza fisica”.

Le istituzioni – prosegue – incoraggiano le donne maltrattate a denunciare, patrocinano manifestazioni contro la violenza, inaugurano panchine rosse ed investono in spot di sensibilizzazioni. La politica condivide e si aggrega, si svolgono seminari, riunioni a vari livelli, si producono elaborati e documenti, si approvano unanimemente sani propositi. Sin qui si tutto si muove parallelamente”.

Da qui la denuncia: “Oltre questo limite, però, esiste la realtà di come s’intenda affrontare la tematica, di come di fatto si dovrebbe tradurre l’enunciata teoria e i proclami condivisi con la parte pratica: la realtà della gestione. Ecco, quindi, che entrano in campo i gestori della struttura ospitante cui spetta il compito, attraverso la presa in carico, dell’ascolto del tragico vissuto della donna maltrattata, dell’assistenza legale, delle azioni di riconquista dell’autostima e della dignità della stessa e dei figli minori.
La donna che si affida a tale percorso riesce a raggiungere dei traguardi, le vengono offerte opportunità lavorative, i figli iniziano stabilmente e serenamente a proseguire il percorso scolastico, prima inevitabilmente compromesso da una critica situazione familiare. In sintesi si traduce così in realtà quanto prima è stato proclamato da istituzioni e politica
”.

L’accento non può non cadere sulle difficoltà che le cooperative devono affrontare: “Com’è ovvio, giungere ad una metà comporta un dispendio di energie, spesso, purtroppo, anche di natura economica di cui necessitano i gestori. In questo tragitto che porta alla riabilitazione nella società della donna maltrattata vengono coinvolte figure professionali specializzate, strutture adeguate, si sostengono spese perfino per curare l’accompagnamento alla fuoriuscita del nucleo familiare ospitato. Per tutto questo non ci si attendono meriti ed onorificenze, appartiene alla scelta di chi ha deciso di operare in questo ambito. A questo punto ci si accorge, però, di essere soli, proprio come la donna che ha avuto il coraggio di denunciare e chiedere aiuto. Sia le istituzioni che la politica sono impegnate altrove. Istituzioni non intendiamo solo i Comuni che, anche loro, per le innumerevoli richieste di collocamento in struttura, si ritrovano in difficoltà a far fronte agli impegni economici”.

Si assiste – incalza la nota – ad un rimbalzo di obblighi e doveri in modo tale che non si riesce a comprendersi a chi realmente spettino. Un vuoto a cui nessuno sa dare risposta, in merito soprattutto a come si possa convivere con i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione che arrivano anche a 16 mesi. La sopravvivenza economica resta, quindi, legata all’anticipazione temporanea delle fatture emesse, con garanzie personali prestate dai responsabili degli enti gestori. Alla scadenza, indipendentemente dal pagamento della pubblica amministrazione, gli Istituti di credito impongono la restituzione delle somme anticipate. La stessa pubblica amministrazione, al momento della liquidazione, esige la regolarità contributiva (DURC) che non si comprende con quali fondi dovrebbe essere versata agli enti previdenziali ed assicurativi”.

Tutto ciò, inevitabilmente, – conclude la nota – non può che provocare sconforto sino al punto di maturare la drastica decisione della chiusura delle strutture. Evidentemente si ritiene sufficiente esporre ai media l’esistenza di tali situazioni e sostenere d’aver affrontato e risolto il dramma delle donne vittime di violenza e dei loro figli magari con un semplice convegno. La triste realtà è questa e conduce in una direzione diametralmente opposta da quella propagandata”.

Nicola Arrigo

 
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