HIKIKOMORI – un fenomeno sociale in crescita
Negli ultimi anni si sta assistendo all’aumento di un fenomeno noto come hikikomori, una grave forma di ritiro sociale. Il fenomeno viene osservato per la prima volta nella società giapponese a partire dagli anni ’70, con quello che ai tempi veniva chiamato come “assenteismo” o “rifiuto scolastico”. Tuttavia, è a partire dalla seconda metà degli anni 90’ che si è registrato un notevole incremento dei casi e viene ampiamente riconosciuto il termine hikikimori, letteralmente “tirare indietro” (hiku) e “isolarsi” (komoru) . Si tratta di un termine utilizzato per descrivere soggetti, prevalentemente adolescenti e giovani, che si ritirano dalla vita sociale per lunghi periodi, spendendo gran parte del loro tempo in casa e interrompendo ogni contatto diretto con il mondo esterno. Un’indagine epidemiologica dell’Organizzazione mondiale della sanità condotta in Giappone tra il 2002 e il 2006, rivolta a individui di età compresa tra i 15 ei 49 anni, ha rilevato che l’1,2% della popolazione si è ritirata dalla società per un periodo di tempo superiore a sei mesi. Sebbene l’hikikomori insorga principalmente durante l’adolescenza, tende a cronicizzarsi con molta facilità e può dunque durare parecchi anni. I casi si riscontrano in prevalenza tra i maschi piuttosto che le femmine, con un rapporto di 3:1 circa.
Nel 2010 il Ministero della Salute giapponese (MHLW), pur non considerando l’hikikomori come una sindrome, ha definito delle linee guida per facilitarne l’individuazione: ritiro fisico (la persona rimane a casa quasi tutti i giorni e per la maggior parte del tempo), interruzione della partecipazione ad attività sociali (scuola, occupazione e altre interazioni fuori casa), evitamento delle relazioni e sensazione di disagio o angoscia. Tali manifestazioni sono presenti per sei mesi o più ed è necessario escludere la presenza di disturbi mentali quali schizofrenia, ritardo mentale o altre patologie psichiatriche rilevanti (Kato, Kanba & Teo, 2019). Il rifiuto dei rapporti interpersonali non riguarda solo conoscenti, amici o compagni di scuola, ma anche i membri del proprio nucleo familiare. Spesso questi soggetti si rinchiudono all’interno della propria camera, non uscendo nemmeno nei momenti dei pasti. Nei casi estremi l’interazione con i propri familiari è data dal passaggio di cibo attraverso la porta socchiusa della stanza. Possono esservi in alcuni casi contatti indiretti con altre persone, che avvengono via internet, nei blog, nelle chat o attraverso i giochi online (Ricci, 2009, Ranieri, 2016).
Nel corso del tempo si è visto come il ritiro può articolarsi in diverse forme: in alcuni casi i soggetti restano chiusi in casa, mentre in altri possono scegliere di uscire qualche volta, ad esempio di notte o durante l’orario di chiusura della maggior parte dei negozi per non rischiare di incontrare qualcuno. L’aspetto comune è dato dal rifiuto di occasioni che portano ad un contatto diretto con gli altri e dei luoghi dove questa eventualità può verificarsi. Inoltre, in merito ai criteri sopra elencanti, è opportuno sottolineare che inizialmente questi ragazzi potrebbero non percepire la situazione come problematica, anzi non è raro che provino un senso di sollievo nel poter fuggire da una realtà percepita come dolorosa, frustante o intollerabile. Tuttavia, se la situazione persiste per mesi o anni, è probabile che subentrino vissuti negativi (Kato, Kanba & Teo, 2019).
Accanto alle dimensioni del ritiro e dell’isolamento, possono presentarsi diverse fobie come l’antropofobia (paura delle persone e dei contatti sociali), automisofobia (paura di sporcarsi), agorafobia (paura di spazi aperti e luoghi affollati). Potrebbero poi comparire sintomi depressivi: umore depresso, pensieri ricorrenti sulla morte, ideazione suicidaria, letargia, apatia, sensi di colpa e inutilità. Talvolta vi sono comportamenti regressivi, ad esempio l’incapacità di gestire la rabbia, che potrebbe essere sfociare in comportamenti violenti verso persone o oggetti (Saitō, 1998; Loscalzo et a., 2020). Nei casi più gravi, potrebbe esserci anche una perdita di contatto con la realtà. Un’altra caratteristica tipica è l’alterazione del il ritmo sonno-veglia: questi soggetti dormono molte ore durante il giorno e stanno svegli la notte (Aguglia et al., 2010; Loscalzo et al., 2020).
Nonostante la posizione del Ministero della Salute giapponese, molti pediatri, psicologi e psichiatri concordano sul fatto che la condizione di hikikomori è indice di un disturbo o di una vera e propria sindrome. Tuttavia, è attualmente in corso un dibattito tra studiosi che considerano l’hikikomori come un sintomo di altre patologie e coloro che sostengono sia un’entità clinica autonoma. Il ritiro sociale e l’isolamento, infatti, sono caratteristiche comuni a diversi disturbi mentali quali la schizofrenia, i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia e disturbi di personalità e sono stati segnalati casi di hikikomori coesistenti con una varietà di disturbi psichiatrici. Non è chiaro se tali patologie danno origine all’hikikomori come sintomo oppure se questo quadro possa essere un fattore di rischio che può contribuire all’insorgere della malattia mentale, o ancora se queste condizioni possano presentarsi in comorbidità (Kato, Kanba & Teo, 2019).
Altri fattori di rischio includono uno stile caratteriale timido e inibito, esperienze di rifiuto da parte dei genitori, grave psicopatologi dei caregiver e relazioni familiari disfunzionali (Loscalzo et al., 2020).
Considerato che i primi casi sono stati segnalati in Giappone, i tentativi di spiegare il fenomeno si sono concentrati sulle caratteristiche della società giapponese. Alcuni autori hanno descritto come possibili cause le pressioni esercitate dal sistema familiare, scolastico e dal contesto più ampio.
Nelle famiglie giapponesi è frequente che la madre sia molto vicina psicologicamente e fisicamente ai figli, mentre il padre, per motivi lavorativi e sociali, abbia un ruolo più marginale e emotivamente distante. Nei soggetti hikikomori si riscontra spesso un legame simbiotico con la madre, la quale tende ad assumere un atteggiamento iperprotettivo nei confronti del figlio e a depositare in lui eccessive aspettative.
Anche a scuola è possibile individuare alcuni fattori di rischio per l’insorgenza del fenomeno tanto che il rifiuto scolastico è spesso il primo stadio del ritiro. A tal proposito, è stata descritta una condizione definita “school refusal syndrome “, che descrive studenti che non vanno o non possono andare a scuola a dispetto del proprio desiderio di andarci; ciò è dovuto a motivi psicologici, emozionali, sociali o ambientali, fatto eccezione i motivi di salute o economici”. Tra le cause principali del rifiuto scolastico sembrano esservi una relazione disfunzionale con i coetanei e episodi di bullismo.
L’hikikomori potrebbe essere anche il tentativo di opporsi alla forte pressione all’autorealizzazione e al successo personale. A partire dalla scuola media, ai ragazzi viene chiesto di seguire precisi percorsi e essere eccellenti a scuola e in ambito lavorativo. Non soddisfare le aspettative della società viene considerato come un grave fallimento (Aguglia et al., 2010), che potrebbe ridurre il desiderio e la motivazione a partecipare alla vita della comunità.
In tempi più recenti sono stati riscontrati casi di persone con caratteristiche e comportamenti molto simili ai soggetti hikikomori anche nei paesi occidentali, tra i quali l’Italia. Da qui l’ipotesi secondi cui il fenomeno trascende il contesto culturale pur essendone inevitabilmente influenzato, ma è piuttosto espressione di un disagio legato alla società moderna (Ranieri, 2016). Alcuni autori sostengono che la diffusione del fenomeno nella società occidentale potrebbe essere legata a dimensioni quali l’individualismo, l’elevata disoccupazione giovanile, la crisi dei valori tradizionali e lo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione virtuale (Sarchione et al., 2014, Loscalzo et al., 2020). Allo stesso tempo, rispetto alla cultura orientale, nei paesi occidentali la pressione sociale a conformarsi e essere accettati è minore, pertanto dovrebbero essere presi in considerazione anche fattori individuali, che potrebbero aumentare la probabilità di manifestazione dell’hikikomori (Loscalzo et al., 2020).
Dato il diffondersi di questo fenomeno, dovrebbero essere progettate delle azioni per informare e sensibilizzare la popolazione al fine di comprendere il problema, senza giudicarlo o stigmatizzarlo. E’ importante sottolineare che gli individui hikikomori sono solitamente difficili da raggiungere a causa del fatto che la caratteristica distintiva del disturbo, ossia il ritiro sociale, ostacola la loro individuazione. Allo stesso tempo, difficilmente chiederanno aiuto spontaneamente. Per questo motivo Internet, e in particolare i social media, potrebbero essere un primo spazio in cui questi soggetti possono essere raggiunti e ricevere sostegno. Il web potrebbe rivelarsi utile, in un primo momento, anche ai fini dell’intervento, attraverso la creazione di gruppi di aiuto tra pari che hanno l’obiettivo di ridurre l’isolamento e favorire una maggiore interazione sociale.
Bibliografia
Aguglia, E., Signorelli, M. S., Pollicino, C., Arcidiacono, E., & Petralia, A. (2010). Hikikomori phenomenon: cultural bound or emergent psychopathology?. Journal of Psychopathology, 16, 157-164..
Kato, T. A., Kanba, S., & Teo, A. R. (2019). Hikikomori: Multidimensional understanding, assessment, and future international perspectives. Psychiatry and clinical neurosciences, 73(8), 427-440.
Loscalzo, Y., Nannicini, C., Huai-Ching Liu, I. T., & Giannini, M. (2020). Hikikomori Risk Inventory (HRI-24): A new instrument for evaluating Hikikomori in both Eastern and Western countries. International Journal of Social Psychiatry, 0020764020975800.Ranieri, F. (2016). Adolescenti tra abbandono scolastico e ritiro sociale: il fenomeno degli «hikikomori». Psicologia clinica dello sviluppo, 20(2), 319-326
dott.ssa Collorafi Valentina
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