DISTURBO DA DISMORFISMO CORPOREO – Caratteristiche, fattori di rischio e conseguenze
Il Disturbo da dismorfismo corporeo, noto anche come dismorfofobia, è una condizione clinica caratterizzata da preoccupazioni eccessive relative a difetti o imperfezioni del proprio aspetto fisico, che sono impercettibili o poco evidenti agli occhi degli altri. Queste, differentemente dalle comuni preoccupazioni vissute dalla maggior parte della popolazione, sono intrusive, indesiderate e difficilmente il soggetto riesce a controllarle o tollerarle. Sono inoltre associate a comportamenti disadattivi, intenso disagio e compromissione del funzionamento in diversi ambiti.
Le imperfezioni percepite possono riguardare diverse parti del corpo, tra cui le più comuni sono quelle relative alla pelle, al naso e ai capelli. Talvolta, possono coinvolgere l’intera figura, come nel caso del dismorfismo muscolare, una forma specifica del Disturbo da dismorfismo corporeo in cui è centrale la convinzione che il proprio corpo sia troppo piccolo e/o non sufficientemente muscoloso.
Tali preoccupazioni vengono sperimentate quotidianamente per un periodo di tempo significativo (in media, per 3-8 ore al giorno), e comportano vissuti negativi come vergogna, disgusto, tristezza e ansia. In risposta a esse le persone si sentono spesso obbligate a mettere in atto azioni mentali (per es. confrontarsi con altri) o comportamenti ripetitivi (per es. guardarsi allo specchio o su altre superfici riflettenti per controllare i propri difetti, dedicarsi eccessivamente alla cura di sé, ricercare rassicurazione, richiedere interventi estetici). Si tratta di comportamenti che sfuggono frequentemente a un pieno controllo individuale e possono portare a un effetto diverso da quello sperato, ossia a un incremento dell’ansia e dei vissuti dolorosi.
Come conseguenza delle preoccupazioni e dei comportamenti associati ad esse, le persone potrebbero evitare alcuni situazioni sociali, oppure potrebbero avere difficoltà a frequentare l’ambiente scolastico e/o lavorativo. Nei casi più gravi, la sintomatologia costringe i soggetti in casa. Inoltre, tale condizione si associa a un alto tasso di idee suicidarie e tentativi di suicidio. Spesso si osservano anche altri disturbi psichiatrici in comorbidità, in particolare il disturbo d’ansia sociale, il disturbo depressivo maggiore, il disturbo ossessivo-compulsivo e la dipendenza da sostanze (Singh & Veale, 2019).
In generale, coloro che soffrono di Disturbo da dismorfismo corporeo vedono sé stessi come brutti e non attraenti e ritengono di essere “deformi”, o apparire “orribili” o come un “mostro”. Il grado di consapevolezza circa l’infondatezza delle proprie convinzioni può variare lungo un continuum, da casi in cui la persona considera la possibilità che le sue credenze potrebbero non essere reali fino allo sviluppo di convinzioni deliranti, per cui il soggetto ha la certezza assoluta che la propria visione sia corretta e non distorta. Quest’ultimo caso si associa a esiti peggiori e a un maggiore rischio di suicidio.
Aspetti centrali del disturbo sono la distorsione dell’immagine corporea e l’insoddisfazione per il proprio corpo. L’immagine corporea è una componente dell’identità personale, che si riferisce specificatamente alla visione soggettiva che gli individui hanno del proprio corpo. Si tratta di un costrutto multidimensionale costituito da quattro componenti: pensieri e convinzioni, sentimenti, percezioni della dimensione e della forma del corpo o di alcune sue parti, e azioni compiute per curare, controllare, nascondere o alterare l’aspetto fisico. Di conseguenza, la distorsione dell’immagine corporea include sia una percezione alterata delle dimensioni del corpo, sia sentimenti e cognizioni negative, che producono un’immagine complessiva negativa del corpo, misurata in termini di insoddisfazione e derivante da una discrepanza tra la percezione corporea e un’immagine idealizzata dell’aspetto fisico.
L’immagine corporea è influenzata da diversi fattori di sviluppo, psicologici, familiari e socioculturali. Un ruolo critico è svolto dai genitori, i quali fungono da modello per i figli e inviano loro messaggi sull’importanza di aderire agli ideali sociali e culturali relativi all’aspetto fisico. Alcuni specifici comportamenti dei genitori, come l’eccessivo impegno in diete o esercizio, pressioni al bambino per perdere peso e commenti negativi possono indurre un’eccessiva autocritica nei figli e influenzare il modo in cui essi giudicano sé stessi.
Un altro aspetto rilevante è dato dal peso dei fattori socio-culturali, e in particolare dagli standard di bellezza maschili e femminili imposti dai media e dalla società in generale. In funzione del bisogno di accettazione sociale, elemento fondamentale del ciclo di vita, le persone adottano comportamenti e atteggiamenti che aumentano la probabilità di essere accettati dagli altri, inclusi quelli che consento di presentarsi e mantenere una forma del corpo socialmente desiderabile.
Vi sono poi alcune esperienze traumatiche, soprattutto situazioni in cui la persona è stata presa in giro o rifiutata, gravi episodi di abuso, o malattie gravi e invalidanti (es. disturbi endocrini, tumori) che potrebbero influire sull’autostima e sull’immagine del corpo (Hosseini & Padhy, 2020).
Tali evidenze sono coerenti con gli studi relativi all’eziologia del Disturbo da dismorfismo corporeo, i quali descrivono il modello diatesi-stress come quello più idoneo per comprendere l’origine di tale condizione. Nel modello diatesi-stress determinati fattori di vulnerabilità predisponenti (fattori genetici, caratteristiche cerebrali strutturali e funzionali, tratti di personalità) interagiscono con eventi sfavorevoli, tra cui frequentemente sono stati segnalati episodi di abuso o in cui si è stati vittime di bullismo, e fattori culturali che sostengono l’importanza dell’aspetto fisico e di determinati ideali di bellezza. Questi eventi, specialmente se si verificano in periodi critici dello sviluppo, come l’infanzia e l’adolescenza, contribuiscono a generare credenze negative su di sé e aumentano il rischio di esiti psicopatologici (Weingarden et al., 2017).
Come abbiamo visto, il disturbo da dismorfismo corporeo è una condizione invalidante, tuttavia è spesso sottostimata e molte persone non ricevono una diagnosi e un trattamento adeguato, a causa di diversi ostacoli legati alla richiesta di aiuto specialistico. Innanzitutto, la vergogna e altri sentimenti negativi, insieme allo stigma sociale della malattia mentale potrebbero portare a non rivelare i propri problemi. In effetti, alcuni studi hanno messo in evidenza che molti soggetti ricoverati con diagnosi di Disturbo da Dismorfismo corporeo non riferiscono spontaneamente le loro preoccupazioni inerenti il corpo, a meno che non sia loro chiesto esplicitamente. Inoltre, spesso queste persone sono fortemente convinte della reale esistenza e visibilità dei difetti percepiti, che li porta a richiedere trattamenti dermatologici o interventi di chirurgia estetica non necessari, piuttosto che un trattamento psicologico (Schulte et al., 2020).
In linea con quanto detto, negli ultimi anni si è registrato un aumento della richiesta di trattamenti cosmetici e interventi di chirurgia estetica, per cui è probabile che i medici incontrino nell’esercizio della professione persone che soffrono di un Disturbo da dismorfismo corporeo. A tal proposito, alcuni medici ritengono che la presenza di questo quadro psicopatologico sia da considerate una controindicazione per procedure cosmetiche e chirurgiche, in quanto si tratta di essenzialmente di un problema in cui è centrale la distorsione dell’immagine corporea e pertanto il soggetto dovrebbe essere primariamente indirizzato verso un intervento psicologico. Infatti, nonostante i pazienti si sottopongano a interventi cosmetici e alla chirurgia estetica frequentemente rimangono insoddisfatti e talvolta manifestano ritorsioni contro il medico, considerato responsabile di avere peggiorato il loro difetto. Altri medici, invece, sostengono che la richiesta di intervento medico o chirurgico non dovrebbe essere esclusa nei casi di disturbo lieve o moderato, laddove si osservi una ridotta compromissione del funzionamento, preoccupazioni limitate ad alcune parti specifiche del corpo e aspettative più realistiche (Singh & Veale, 2019).
In conclusione, il Disturbo da dismorfismo corporeo è una condizione notevolmente debilitante, distinta dalle normali preoccupazioni relative al corpo che la maggior parte delle persone riferiscono. Tuttavia, rimane spesso non diagnosticata, soprattutto nei casi in cui sono presenti altre condizioni, come sintomi ansiosi o depressivi. E’ opportuno, quindi, conoscere le manifestazioni cliniche del disturbo e indirizzare il soggetto verso forme adeguate di trattamento. E’ altresì fondamentale conoscere i fattori rischio, in modo tale da definire quelli su cui è possibile intervenire per realizzare opportuni interventi di prevenzione.
Bibliografia
– Higgins, S., & Wysong, A. (2018). Cosmetic surgery and body dysmorphic disorder–An update. International journal of women’s dermatology, 4(1), 43-48.
– Hosseini, S. A., & Padhy, R. K. (2020). Body image distortion. StatPearls [Internet].
– Singh, A. R., & Veale, D. (2019). Understanding and treating body dysmorphic disorder. Indian journal of psychiatry, 61(Suppl 1), S131.
-Schulte, J., Schulz, C., Wilhelm, S., & Buhlmann, U. (2020). Treatment utilization and treatment barriers in individuals with body dysmorphic disorder. BMC psychiatry, 20(1), 1-11.
– Weingarden, H., Curley, E. E., Renshaw, K. D., & Wilhelm, S. (2017). Patient-identified events implicated in the development of body dysmorphic disorder. Body Image, 21, 19-25.
dott.ssa Collorafi Valentina
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