MITI E SCIOCCHEZZAIO di Diego Sergio Anzà
Continua imperterrito ad aggirarsi per il mondo il gigante della banalità. Cosa sistemica, strutturale ed inevitabile in un habitat culturale frantumato e molecolarizzato. In questo fordismo dell’assenso acritico e del mito mediato.
Nella grande Rete si perde la gerarchia dei valori e si annulla la riconoscibilità dell’intelligenza. L’attitudine omologata al “mi piace” meccanico, diventa poi incolore striscia continua quando si avvolge e si relaziona alla “forma” del mito. Sia esso un politico, un giornalista, un papa, un cantante, un attore, un regista, un manager. Se fiata un “mito”, l’automatismo dell’Io globalizzato s’inchina ed applaude.
Gli uomini dell’antichità proiettavano sui miti il loro primitivo bisogno di sacralità, di etica e di ricerca cosmogonica. Oggi il mito è a portata d’immagine, è imposto, è un cascame del pensiero unico e debole. È quasi sempre un transfert nell’immaginario acritico, in una cartapesta teletrasmessa.
Il “grande personaggio” apre la bocca e l’Io indistinto ingurgita. Il trionfo della non cultura, del facile disimpegno, della delega alla presunta sapienza altrui. Poco importa se il mito è un’ombra del primo riflesso, se diventa un’ombra spenta.
Chi oserebbe, ad esempio, opporre resistenza ad un pensiero di Woody Allen. Caspita, è uscito da una rosa purpurea. Ed allora leggete questo: “Il mondo si divide in buoni e cattivi. I buoni dormono meglio, ma i cattivi, da svegli, si divertono di più”.
Io non so quanto tempo il fantastico cineasta di Manhattan abbia impiegato per questa elucubrazione neuronica. Spero poco, altrimenti la cosa sarebbe ancora più grave. Però l’ha detto Woody e quindi Socrate faccia un passo indietro.
Ed allora, nel mondo ci sono i buoni ed i cattivi. Ben venga questa….rivelazione, non lo sapevamo.
I buoni dormono meglio: il contrario, i buoni dormono poco o non dormono affatto perché la loro condizione li porta ad arrovellarsi sui mali e sulle ingiustizie del mondo. Che poi i cattivi si divertano di più è il culmine della sciocchezza. La cattiveria è la figlia prediletta della cretineria. Ed io non ho mai visto un cretino divertirsi davvero. Forse ride, appunto come un cretino, ma il diletto e la gioia sono prodotti dell’intelligenza.
Evidentemente quest’ultima categoria è a corrente alternata nella bella testa dell’inconfutabile regista newyorkese, campione, molto spesso, di solipsismo non… solo mentale.
Scusate se ho infranto un mito! Se non apprezzo la sua uniforme recitazione isterica, i suoi dèjà vu tanto amati da Morfeo. E potrei continuare con tanta altra intellighentia filmica che trova, soprattutto negli Studios, la patria prediletta.
Che bluff sulle nostre strade (e non solo chiaramente nei cinema) e che barbagianni pronti ad applaudire con gli occhi chiusi.
Quanto ci manca Prometeo!
Diego Sergio Anzà